Uno schiaffo di bontà, in tutte le salse... le 10 migliori ricette con i paccheri!
Accompagnati da condimenti saporiti, i paccheri sono ottimi farciti, con ricotta o altri ingredienti, oppure serviti con ragù o con un sugo di pesce
Ad oggi in Italia sono oltre 300 i tipi di pasta registrati, tra fresca e secca. Fra questi negli ultimi anni sono diventati particolarmente di moda i paccheri, veri e propri maccheroni taglia extralarge, rigorosamente realizzati con semola di grano duro e trafilati al bronzo. I paccheri sono un formato di pasta tra i più amati (e googlati!), che mette d’accordo tutti i gusti e, soprattutto, tutti gli ingredienti: ottimi per i primi piatti di pesce, sono perfetti con una genovese, oppure ripieni e persino fritti. Cucinati al forno, diventano assoluti protagonisti dei classici timballi della domenica.
Una pasta a mano aperta
Forse non tutti sanno che il nome paccheri riprende una tipica espressione napoletana, che a sua volta trova nella radice greca la sua origine. Pacchero viene dal greco “pan-kairos” ovvero “tutta la mano”, in altre parole in napoletano vuol dire appunto schiaffo a mano aperta. Non a caso anche in italiano abbiamo il termine “pacca” e in alcune varianti i paccheri vengono chiamati anche schiaffoni. Portati in auge dai pastifici di Gragnano, in provincia di Napoli, dove si trafila rigorosamente al bronzo, i paccheri grazie alla loro versatilità ben si prestano sia per piatti casalinghi che per preparazioni più ricercate: non è un caso che persino grandi chef li usino spesso per le loro preparazioni. La chef campana Rosanna Marziale, una stella Michelin, per esempio, propone i paccheri con un sugo fatto con tre diverse tipologie di pomodoro, ciliegini freschi, in scatola e pelati, olio, burro, parmigiano e basilico.
Con la “cartella” piena, ma non per andare a scuola
Un pacchero degno di questo nome ha una lunghezza di circa 50 mm e 30 mm di diametro, con uno spessore sui 15-16 mm; per cuocere impiega non meno di 12 minuti e, ovviamente, non deve rompersi in cottura. Altra curiosità è che nei pastifici professionali lo spessore della pasta viene chiamata con un termine che di solito si associa alla scuola, la “cartella”. Nel caso dei paccheri, la cartella è sempre piena, pronunciata, tanto che i paccheri di solito hanno un tempo di cottura piuttosto lungo. Superficie liscia, ma ruvida abbastanza per trattenere il sugo, ma attenzione a non farli aprire. Vanno sempre cotti in acqua bollente salata, bisogna girare all’inizio per evitare che si attacchino al fondo della pentola, ma quando cominciano ad ammorbidirsi è buon uso mescolare il meno possibile, perché qualsiasi sollecitazione potrebbe farli aprire in cottura.
I paccheri e i loro cugini
A prima vista possono sembrare simili a dei rigatoni, ma non confondeteli: i mezzi paccheri hanno dimensioni decisamente più grandi e sono praticamente dei paccheri tagliati a metà. Un altro formato che è parente stretto del pacchero è la calamarata, ugualmente tipica di Gragnano. Di forma cilindrica e stretta, rigorosamente liscia e senza rigatura, questo formato di pasta si usa per un primo piatto tipico della cucina campana chiamato semplicemente calamarata: una pasta con con pomodorini, aglio, prezzemolo e, ovviamente, anelli di calamari.
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