Salumi: differenze tra insaccati e non insaccati

Che differenza c’è tra salumi insaccati e non insaccati? Quali sono da preferire e in che quantità? Proveremo a rispondere a queste domande descrivendo le principali caratteristiche merceologiche e nutrizionali dei salumi e degli insaccati.

Differenze tra insaccati e non insaccati

I salumi sono carni processate, ossia tagli o assemblati di carne che subiscono diversi processi di preparazione utili ad aumentarne la stabilità e la conservazione, riducendo il rischio di deperibilità. Più precisamente i salumi possono distinguersi in:
- INSACCATI: carni contenute all’interno di un involucro, spesso costituito da intestino animale.
Gli insaccati a loro volta possono distinguersi in freschi, come le salsicce, quando la carne non ha subito processi ulteriori di trasformazione, stagionati, come i salami, e cotti, come ad esempio la mortadella.
A seconda dell’origine dell’animale, invece, potranno essere indentificati con prodotti di derivazione suina (S), ovina (O), bovina (B) o suina e bovina (SB).
Nella concia, ossia nella preparazione del lavorato, potranno essere aggiunti sale, pepe, nitrati e nitriti, polifosfati, polvere di latte e zucchero.

- NON INSACCATI: si tratta di tagli interi di carne che subiscono processi di lavorazione come salatura, essicazione, aromatizzazione e stagionatura. Alcuni esempi: la bresaola è un salume di derivazione bovina; lo speck, il prosciutto cotto e il prosciutto crudo sono di origine suina.

Le caratteristiche nutrizionali dei salumi

Trattandosi sostanzialmente di prodotti “carnei” tutti i salumi si contraddistinguono per l’elevato tenore proteico: la bresaola contiene ben 32 g di proteine per 100 g. Fanalino di coda la mortadella di suino e bovino con soli 13 g di proteine per 100 g di parte edibile.
Molto variabile è anche il contenuto di lipidi: anche in questo caso la bresaola si contraddistingue per le sue virtù con soli 2,6 g di lipidi per 100 g di parte edibile mentre la salsiccia secca di suino detiene il record sia di lipidi totali con 47,3 g di grassi ogni 100 g di parte edibile e di acidi grassi saturi, noti per la dannosità cardiovascolare e metabolica.
Bassissimo invece è il contenuto di carboidrati disponibili che, a prescindere dal salume, difficilmente supera i 2 g per 100 g di prodotto.
Note sicuramente dolenti per quanto riguarda l’aspetto dietetico sono rappresentate dal contenuto di colesterolo e sodio. Più precisamente, con una media di 70 mg di colesterolo, 100 g di salumi potrebbero soddisfare quasi il 50% dell’assunzione raccomandata di questo elemento.
Stesso vale per il sodio. Il record è detenuto dal prosciutto crudo: 100 g apportano circa 2,5 g di sodio.
Queste caratteristiche nutrizionali rendono generalmente i salumi controindicati in caso di patologie come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia.

Come assumere i salumi?

Visto l’elevato tenore proteico, i salumi sono necessariamente da considerare dei veri e propri secondi piatti e non antipasti, come generalmente vengono proposti.
Nel contesto di una sana dieta sarebbe opportuno assumere salumi massimo una volta a settimana, non più di 60-80 g a seconda delle esigenze dietetiche, cercando di preferire quelli a minor contenuto di acidi grassi saturi e colesterolo.
Chiaramente qualche eccezione sporadica alla regola non minerà i propri equilibri dietetici.
Per bilanciare al meglio le caratteristiche nutrizionali del pasto, suggeriamo di abbinare al salume un’abbondante porzione di verdure, condita magari con del limone.

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