Cous Cous: da piatto tradizionale del Mediterraneo a simbolo di modernità, con un festival dedicato!
Dal bacino del Mediterraneo alle schischette di ogni giorno: storia e segreti del cous cous e 20 ricette dall’antipasto al dolce per preparare ottimi cous cous sia caldi che freddi
Come ogni anno a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, si celebra a partire da metà settembre il Cous Cous Fest. È una dieci giorni di festa, di cibo in strada e di competizioni fra paesi, chef e cucinieri di ogni parte del mondo, che si sfidano per la ricetta di cous cous più buona. Non è un caso che si svolga proprio in questo angolo di Sicilia, dal momento che il trapanese è l’avamposto italiano della cultura del cous cous. Questo ingrediente di origine nordafricana è un ponte fra i popoli e le culture del bacino del Mediterraneo, da secoli fonte di gusto e nutrimento. Con il tempo si è diffuso in tutto il mondo, grazie alla capacità di essere una versatile pagina bianca su cui adagiare tutta la nostra fantasia, per un piatto freddo così per un piatto caldo servito in una bellissima tajine, per un piatto unico o perfino per un dolce dal sapor mediorientale.
Come nasce il cous cous?
Iniziamo dal nome: il termine cous cous è un adattamento di una parola araba, una traslitterazione che per molti è semplicemente cuscus. Se andiamo in Sicilia, nel trapanese dove si cucina anche in casa, è chiamato “cuscusu”. Le origini sono incerte e antichissime: si pensa che sia comparso fra il Nord Africa e il Medio Oriente intorno all’anno Mille. Di base è una semola di grano duro che viene lavorata in granelli e cotta a vapore, arrivata solo in seguito sulle coste sicule, per dominazione araba oppure per semplici scambi commerciali non si sa. Fatto curioso: il trapanese è l’unica regione del mondo in cui si può mangiare il cous cous con la carne di maiale, dal momento che negli altri paesi del Medio Oriente (sia arabi che ebrei) per motivi religiosi non mangiano carne di maiale.
Gli strumenti giusti: dalla cuscussiera alla tajine
Nella tradizione siciliana è fondamentale l’uso di una grande ciotola di ceramica tipica, chiamata “mafaradda” che serve proprio per “incocciare” il cous cous, ovvero per formare i granelli di semola. Nei paesi del Maghreb, dal Marocco all’Algeria, è invece fondamentale cuocere il cous cous nella cosiddetta cuscussiera, una pentola in metallo dalla forma bombata, su due livelli: in un livello si cuoce lo stufato di carne, verdure o pesce, nell’altro si lascia cuocere a vapore il cous cous. Altro strumento fondamentale è la tajine, il recipiente in ceramica dal coperchio conico che soprattutto in Marocco si usa per preparare cous cous e stufati dalle lunghe cotture.
Il cous cous oggi: simbolo di modernità
Ma se la ricetta originale prevede manualità e pazienza per formare i granelli e dare la giusta consistenza con il vapore, la modernità ha reso il cous cous un piatto contemporaneo grazie alla precottura. Il cous cous in granelli che troviamo comunemente in commercio è infatti una versione precotta, che necessita solo di essere ravvivata in pochi minuti con un liquido caldo, meglio se un brodo, vegetale, oppure di carne o un fumetto di pesce, a seconda dei condimenti che vorremo abbinare al cous cous. Lo possiamo mangiare quindi caldo o freddo, tanto che il cous cous è uno dei più amati dai fan della “schiscetta”, ovvero del cibo da pausa pranzo alla scrivania. Con buona pace della dieta: lo sapevate che il cous cous, pur essendo un carboidrato, ha la metà delle calorie di pasta e riso?